Dopo aver conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza il percorso per diventare avvocato è ancora lungo. Ogni anno sono moltissimi gli studenti che intraprendono questo percorso di studi e di vita con il sogno di diventare avvocato, magistrato o giurista. La realtà non è avvincente come appare nei film americani e quello dell’avvocato è un duro lavoro. Prima di raggiungere l’agognato titolo bisogna concludere un percorso irto di difficoltà e carico d’impegno. Chi intende diventare magistrato, dopo la laurea, deve intraprendere la Scuola per le professioni legali organizzata dalla stessa università. Chi intende avviarsi alla libera professione deve iniziare il tirocinio.
Essere un avvocato praticante che cosa significa?
Il post laurea del futuro avvocato prevede obbligatoriamente un tirocinio da svolgersi presso uno studio legale ben avviato. Questa scelta è davvero cruciale: il futuro avvocato deve scegliere in quale ramo della giurisprudenza specializzarsi e dedicare i successivi 18 mesi alla sua formazione pratica.
La procedura del tirocinio è stata modificata recentemente: il Decreto del Ministero della Giustizia n. 70, apparso sulla G.U. del 19 maggio 2016 contiene le disposizioni definitive su come deve svolgersi questo periodo obbligatorio di formazione.
Il praticantato deve durare 18 mesi e non più due anni come previsto dalla normativa precedente. La data d’inizio coincide con la delibera del Consiglio dell’Ordine in cui viene accolta l’istanza d’iscrizione al registro dei praticanti. Il tirocinio può essere interrotto per motivi di salute, maternità o paternità, adozione, assistenza ai congiunti prossimi.
Dal 3 giugno 2016, i laureandi possono accedere al tirocinio e anticipare l’inizio di questo percorso formativo all’ultimo anno di università nel caso in cui riescono a dimostrare di aver frequentato lo studio legale per almeno 12 ore settimanali. Gli studenti che intendono svolgere il primo semestre di tirocinio in concomitanza con la conclusione del percorso universitario devono essere in regola con gli esami di profitto previsti dal piano di studi e aver conseguito i crediti universitari richiesti in diritto civile, diritto processuale civile, diritto penale, diritto processuale penale, diritto amministrativo, diritto costituzionale, diritto dell’Unione europea.
La pratica forense può essere svolta presso un avvocato iscritto all’Ordine da almeno 5 anni, presso l’Avvocatura dello Stato per non più di un anno o in un altro paese europeo per non più di sei mesi.
Il Tirocinio Viene Retribuito?
La riforma del praticantato è chiara anche in fatto di compenso. Durante il tirocinio non si instaura un vero e proprio rapporto di lavoro perciò non è previsto nessun tipo di compenso obbligatorio per i praticanti. Tuttavia al praticante dovrebbe essere corrisposto il rimborso delle spese sostenuto per conto dello studio legale presso il quale svolge il tirocinio. Un compenso per i praticanti può essere elargito dall’avvocato titolare dello studio legale a sua discrezione, a partire dal secondo semestre di pratica e commisurato alle attività svolte presso lo studio.
Essere un avvocato praticante che cosa significa? Qual è il suo ruolo nello studio?
Gli avvocati praticanti possono esercitare il patrocinio durante l’attività giudiziale davanti al Giudice di Pace o al Tribunale in composizione monocratica nelle cause civili (cause relative ai beni immobili, possessorie, di locazione e comodato di beni immobili urbani di valore non superiore a euro 25.822,84) o cause penali disciplinate dall’art. 550 c.p.p.
Le attività dell’avvocato praticante
L’avvocato praticante è colui che ha studiato giurisprudenza e si prepara a svolgere la libera professione. Durante il tirocinio verifica praticamente quanto ha appreso sui libri durante il percorso universitario e si prepara all’esame di abilitazione che gli permetterà di svolgere a pieno titolo la professione legale.